IL RISCHIO DA CORONAVIRUS. OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO COVID-19
IL RISCHIO DA CORONAVIRUS È UN GRAVE RISCHIO BIOLOGICO PROFESSIONALE PER TUTTI I LAVORATORI COSTRETTI A LAVORARE VIOLANDO L’UNICA NORMA ANTICONTAGIO EFFUCACE (RESTARE A CASA). OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO COVID-19
Rolando Dubini, avvocato in Milano, cassazionista
- Premessa
La questione è di una semplicità sconcertante. La legge afferma chiaramente l’obbligo di valutare tutti i rischi presenti durante il lavoro.
Alcuni invece dicono che i rischi sono tutti meno quelli che dicono loro. E quindi non sono tutti. Quando non si riesce a comprendere il significato dell’aggettivo “tutti” ogni ulteriore discussione diventa inutile e dannosa.
Covid-19 e valutazione del rischio (Guariniello): TUTTI SI STANNO chiedendo se il datore di lavoro debba valutare il rischio coronavirus e individuare le misure di prevenzione contro tale rischio nel documento di valutazione dei rischi. A dare la risposta è, a ben vedere, l’art. 28, comma 2, lett. a), TUSL, ove si usa l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa”. Un’espressione altamente volutamente significativa, in quanto fa intendere che debbono essere valutati tutti rischi che possono profilarsi, non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa: come appunto il coronavirus” (Il Fatto Quotidiano 26/3/2020).
Il rischio Covid-19 sul luogo di lavorare deve essere valutato (DVR) in tutti i casi in cui il datore di lavoro decide di proseguire l’attività lavorativa (attività pericolosa consentita dallo Stato per superiore interesse nazionale per i settori essenziali) , anziché sospenderla (unica regola efficace di Prevenzione, protezione e tutela sanitaria per tutta la popolazione dal contagio).
L’art. 28 D. Lgs. 81/08 precisa che il DVR deve contenere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, con la conseguenza che, per garantire un’adeguata valutazione di ogni rischio, non è sufficiente una relazione del tutto generica, ma è invece necessaria una valutazione che, seppur sinteticamente, prenda in considerazione in maniera specifica ogni potenziale rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori (solo in questo modo, infatti, è possibile apprestare tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie per garantire pienamente la sicurezza)” [Cassazione Penale, Sez. 4, 14 giugno 2017, n. 29731].
Poiché i rischi da valutare sono tutti quelli che si manifestano durante il lavoro, la valutazione del rischio biologico è obbligatoria non solo in caso di esposizione intenzionale, ma anche in caso di esposizione non deliberata, qualora emerga un rischio aggravato dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, e perfino in caso di esposizione occasionale ma prevedibile dimostra una incomprensione totale del dettato normativo del Dlgs n. 81/2008, che alla lettera a) dell’articolo 28 fa un preciso riferimento all’obbligo di valutare TUTTI i rischi presenti DURANTE l’attività lavorativa. Perciò in presenza di rischio durante l’attività lavorativa o il datore di lavoro valuta questo rischio, e l’attività prosegue, o può decidere di non valutare nulla, ma deve immediatamente sospendere l’attività lavorativa. Per non dire del ricorso massiccio allo smart working, che come dice giustamente il documento di riferimento di Assolombarda del 2015, implica un obbligo inderogabile di valutare il rischio di questa modalità particolare di lavoro, con aggiornamento del DVR.
Come ha scritto Daniele Ranieri con chiarezza insuperata: “e l’art.28 è di una chiarezza lampante. È evidente che se il legislatore avesse voluto ridurre la valutazione dei rischi ai soli rischi professionali l’avrebbe scritto esplicitamente e non avrebbe scritto “tutti i rischi” e basta. Dirò di più. L’Italia provò a restringere l’area dei rischi nel D.Lgs. 626/1994 all’art. 4. Il primo comma prevedeva:
Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
Fino al 2008 il rischio stress, pur correlato al lavoro, non non veniva considerato un rischio professionale e per questo motivo non veniva valutato.
Nel 2001 l’Italia venne condannata, proprio su questo punto, dalla Corte di Giustizia europea, e dovette modificare l’articolo che così venne accolto nel D.Lgs. 81/2008. Ora, nel citato art. 28, l’elencazione dei punti quali le attrezzature ecc. viene preceduta da un ANCHE. Come dire: non solo. E poi si ribadisce che deve riguardare TUTTI i rischi riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori, dizione ripetuta in più punti della normativa senza alcuna specifica, che viene invece aggiunta per quanto riguarda, per esempio, l’attività del servizio di prevenzione. Questa si occupa di una parte della valutazione, essendo un’altra demandata ad altre figure, quali il medico competente e se necessario altre figure esterne.
Torniamo all’oggi. Sarebbe logico inserire il rischio biologico causato dal Covid-19 nel complesso procedimento di valutazione-adozione di misure di programmazione-monitoraggio dell’efficacia, cioè in quel processo con cui si arriva alla stesura e alle modifiche successive del Documento di Valutazione dei Rischi. All’interno di quella “valutazione globale” prevista dalle norme. Considerando anche quanto scritto nel Titolo X del Testo Unico”.
- Tre rischi fondamentali
Rischio generico: è rappresentato da un situazione di pericolo che grava in eguale misura sul lavoratore intento alla propria opera come su ogni altro individuo (ad esempio rischio che ci sia un terremoto).
Rischio generico aggravato: è quello che incombe su ogni cittadino ma grava in misura maggiore, per frequenza o entità, su coloro che disimpegnano determinate attività lavorative (ad esempio, la cassiera del supermercato durante la pandemia Covid-19).
Rischio specifico: è quello strettamente inerente alle condizioni fisiche di determinate attività lavorative e incombe in modo esclusivo o nettamente preponderante su coloro che esplicano mansioni peculiari.
Tutti e tre vanno valutati per il rischio che possono presentare durante l’attività lavorativa nello specifico luogo di lavoro.
- Obbligo di valutare il rischio biologico virale per tutti i lavoratori comunque esposti al contagio durante il lavoro.
Giova ricapitolare la disciplina del rischio biologico.
La valutazione del rischio biologico di cui all’articolo 271 del D.Lgs. n. 81/2008 è obbligatoria in cinque casi:
1) esposizione intenzionale in caso di uso deliberato dell’agente virale (es. laboratorio biologico);
2) esposizione intenzionale in mancanza di uso deliberato dell’agente virale (es. reparti ospedalieri);
3) esposizione non intenzionale aggravata (c.f. rischio generico aggravato dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa) durante il lavoro in luoghi dove è impossibile rispettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. supermercati, sanificazione, trasporto pubblico, reparti produttivi, open space, front office, sportellisti, farmacie);
4) esposizione non intenzionale non aggravata (c.d. rischio generico non aggravato dalle modalità di svolgimento dell’attività) perché è possibile e spettare la distanza di sicurezza interpersonale (es. uffici non aperti al pubblico di dimensioni idonee);
5) rischio occasionale.
In tutti questi casi è indiscutibile l’obbligo di valutare il rischio per le lavoratrici e i lavoratori esposti, o di aggiornare il DVR alle nuove forme di rischio virale che di anno in anno si possono manifestare durante il lavoro.
Una cosa è certa, sul rischio COVID valutare o aggiornare il DVR non ha alcuna conseguenza negativa, ne per il datore ne per i lavoratori e gli RLS, anzi dimostra una preziosa attenzione alla salute della comunità lavorativa e non. Non farlo è l’esatto contrario
- IL RISCHIO SANITARIO COME RISCHIO GENERICO AGGRAVATO CHE DETERMINA L’OBBLIGO DI EFFETTUARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI
Commissione per gli Interpelli (ARTICOLO 12 DEL DECRETO LEGISLATIVO 9 APRILE 2008, N. 81) INTERPELLO N. 11/2016 del 25.10.2016
“L’art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 prevede, per il datore di lavoro, l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed adottare, conseguentemente, le misure di prevenzione e protezione che reputi idonee allo scopo.
Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.
Dunque nel momento in cui tutte le attività lavorative non essenziali sono sospese per proteggere i LAVORATORI dal rischio contagio, i lavoratori delle attività essenziali vengono intenzionalmente esposti ad un rischio aggravato in nome del superiore interesse nazionale. A questo punto abbiamo a che fare con un rischio specifico professionale emergenziale. Il datore di lavoro di fatto potrebbe sospendere l’attività a titolo precauzionale. Se decide comunque di avvalersi della deroga alla sospensione dell’attività per evitare il contagio, scatta senza alcun dubbio l’obbligo della specifica Valutazione del rischio biologico Coronavirus (DVR) di cui agli articoli 17, 28, 29, 271 DLgs 81/2008 (Testo Unico di Sicurezza sul lavoro).
- COVID-19 Prime indicazioni per le Aziende non sanitarie attive sul territorio della ASL del SSR (ASL FROSINONE – Sistema Sanitario Regionale – Regione Lazio)
L’epidemia di COVID-19 è un’emergenza di sanità pubblica verso la quale anche il mondo del lavoro deve adottare le misure di prevenzione e protezione dettate dalle Autorità sanitarie locali sulla base dei decreti del Ministero della Salute, della Regione Lazio e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Pertanto si ritiene utile e necessario assicurare il puntuale rispetto delle le indicazioni del DPCM 11/03/2020 ART. 7 lettera a), b, c) e del protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020
Indicazioni per il datore di lavoro:
Come prima misura il datore di lavoro deve:
– ridurre la presenza dei lavoratori sul luogo di lavoro limitandola alle attività indispensabili alla produzione, assicurando un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili.
– aggiornare, in collaborazione con il Medico Competente aziendale, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, il documento di valutazione dei rischi (DVR) per quanto riguarda la protezione dall’infezione da COVID.19 dei lavoratori che proseguono l’attività e solo per i rischi specifici connessi alla peculiarità dello svolgimento dell’attività lavorativa, ovvero laddove vi sia un pericolo di contagio da COVID-19 aggiuntivo e differente da quello della popolazione in generale
– provvedere a mettere in campo misure tese ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro e alla fornitura al personale di DPI idonei secondo anche quanto riportato all’art. 7, lettera d) del DPCM 11/03/2020, e per quanto previsto dal titolo X-Esposizione ad agenti biologici- del D.Lgs 81/08, in seguito all’aggiornamento della valutazione del rischio
✓ portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni sui rischi specifici da coronavirus esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
✓ portare adeguatamente ed efficacemente a conoscenza dei lavoratori interessati dettagliate informazioni sulle misure di prevenzione e protezione previste per effettuare l’intervento lavorativo adottate in relazione alla propria attività.
✓ verificare e monitorare la completa attuazione delle misure previste ed adottate, aggiornandole ulteriormente e tempestivamente nei casi previsti dalle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonchè in seguito all’emanazione di ulteriori disposizioni da parte degli organi nazionali e regionali in merito alla gestione del rischio da esposizione a coronavirus
– laddove necessario, aggiornare la formazione e l’informazione rispetto al rischio biologico e alle misure di prevenzione adottate utilizzando modalità a distanza.
– nelle situazioni lavorative in cui non si ravvisa un pericolo di contagio aggiuntivo e differente rispetto alla popolazione generale risulta fondamentale adottare le precauzioni già note e diffuse dal ministero della Salute e dai DPCM, in particolare dal DPCM del 11/03/2020 (art. 1 commi 7 e 8) e dal protocollo condiviso del 14/03/2020, declinandole alla specificità dei luoghi e delle attività lavorative e in particolare qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza impersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è necessario l’utilizzo di DPI conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.
– deve prevedere in tutte le realtà lavorative il contingentamento dell’accesso agli spazi comuni quali mense, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande e la gestione degli accessi dall’esterno secondo le indicazioni del protocollo di intesa del 14 marzo 2020.
– deve assicurare la pulizia e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago
– per le attività di formazione, informazione ed addestramento periodico deve provvedere a che sia effettuata con modalità a distanza o rinviata. Andrà valutata nei singoli casi la formazione, l’informazione e l’addestramento dei neo assunti o dei soggetti sottoposti a cambio di mansione utilizzando le modalità a distanza
– per quanto riguarda i datori di lavoro ed i dirigenti, gli stessi sono tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dall’art.18 del D.Lgs 81/08 e di quanto previsto nei Titoli successivi al I.
Indicazioni per i lavoratori e preposti
– valgono, per la specificità della funzione, le indicazioni richiamate nel protocollo del 14/03/2020 oltre che le raccomandazioni della popolazione generale di seguire le buone prassi igieniche per la prevenzione delle malattie a trasmissione respiratoria affisse nei luoghi di lavoro.
Gli stessi sono tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dagli artt. 19 e 20 del D.Lgs 81/08
Indicazioni per il medico competente:
La sorveglianza sanitaria effettuata dai Medici Competenti deve essere svolta adottando tutte le misure per il contenimento della diffusione del contagio da COVID-19, nel rispetto delle indicazioni fornite dal protocollo condiviso del 14/03/2020, dall’ordinanza n.Z00003 del 06/03/2020 del Presidente della Regione Lazio e dalla Nota Regionale prot. 0223253.del 13-03-2020
In particolare l’attività da parte del Medico Competente:
– deve proseguire e le visite andranno effettuate in idonei ambulatori adottando modalità che evitino situazioni di esposizione a rischio di contagio (ad esemplificazione affollamento in sala d’attesa, sanificazione degli ambienti sanitari e non sanitari, così come delle strumentazioni, distanze di sicurezza con il paziente, DPI) secondo quanto indicato dalle circolari del Ministero della Salute per i professionisti medici.
– deve assicurare le visite a carattere di urgenza previste dall’art. 41, a titolo esemplificativo:
o visite preassuntive/preventive
o per cambio mansione
o al rientro dopo 60 gg di malattia
o visite straordinarie su richiesta del lavoratore (particolare attenzione ai soggetti ipersuscettibili)
o alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti,
– per le visite periodiche di casi specifici, a giudizio del M.C., secondo il principio che …” la situazione sanitaria del lavoratore risulta conosciuta dal Medico Competente” (cfr nell’Interpello n. 8/2013 del 24/10/2013):
o vale quanto previsto dalla nota regionale prot. 0223253.del 13-03
o laddove il Medico Competente, previa adeguata valutazione degli accertamenti ritenuti necessari
(tenendo conto di specifiche situazioni cliniche del lavoratore) decida di effettuare tali visite, le stesse andranno effettuate in idonei ambulatori adottando modalità che evitino situazioni di esposizione a rischio di contagio (ad esemplificazione affollamento in sala d’attesa, sanificazione degli ambienti sanitari e non sanitari, così come delle strumentazioni, distanze di sicurezza con il paziente, DPI) secondo quanto indicato dalle circolari del Ministero della Salute per i professionisti medici.
o Qualora il M.C. ravvisi la necessità di differire l’esecuzione di tali visite periodiche ( comprensive degli accertamenti clinici e strumentali da effettuare) rispetto alle scadenze già previste, tenuto sempre conto della necessità di contenimento di diffusione del contagio dell’epidemia in atto, può concordare con il Datore di Lavoro tale differimento per un tempo congruo a quello indicato dal DPCM 9 MARZO 2020 (3 aprile 2020).
I M.C. sono tenuti all’osservanza degli obblighi generali, applicati alla situazione in atto, previsti dal D.Lgs 81/08
- Il documento di valutazione dei rischi deve essere aggiornato da tutti i datori di lavoro in caso di pandemia virale come il Coronavirus – Ministero del Lavoro della Repubblica Francese
Coronavirus: domande e risposte per aziende e dipendenti
17.03.20 sul sito ufficiale
https://travail-emploi.gouv.fr/actualites/l-actualite-du-ministere/article/coronavirus-questions-reponses-pour-les-entreprises-et-les-salaries (…)
Io sono imprenditore
– 13. Cosa devo fare per garantire la sicurezza e la salute del mio personale?
Una situazione epidemica richiede una vigilanza speciale nell’interesse dei dipendenti e delle aziende. La presenza di dipendenti necessari per il funzionamento dell’azienda dipenderà in gran parte dalla capacità dell’azienda di rispondere alle preoccupazioni dei dipendenti e alle assicurazioni che verranno loro fornite per essere adeguatamente protetti contro i rischi specifici associati al virus (in particolare i dipendenti in contatto con il pubblico) [il contatto col pubblico è un rischio professionale del lavoratore n.d.t.].
Il codice del lavoro impone al datore di lavoro di adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza e la protezione della salute del proprio personale. Pertanto, deve effettuare una valutazione del rischio professionale. Questa valutazione deve essere rinnovata a causa dell’epidemia per ridurre al minimo il rischio di contagio sul posto di lavoro o sul lavoro attraverso misure quali azioni di prevenzione, informazione e formazione anche che l’attuazione di mezzi adeguati, secondo le istruzioni delle autorità pubbliche [il rischio contagio virale suo posto di lavoro è un rischio professionale che fa scattare l’obbligo prevenzionistico a carico di tutti i datori di lavoro n.d.t.].
Il datore di lavoro deve assicurarsi che tutto questo sia costantemente adattato per tener conto delle mutevoli circostanze.
La valutazione deve essere condotta tenendo conto dei metodi di contaminazione e del concetto di stretto contatto [distanza di sicurezza interpersonale n.d.t.].
Questa nuova valutazione deve essere trascritta nel documento unico di valutazione del rischio che deve essere aggiornato per tener conto delle variazioni delle circostanze.
Le misure preventive risultanti dall’aggiornamento del documento unico di valutazione dei rischi devono infine essere portate all’attenzione dei dipendenti in modo adeguato al fine di consentirne la piena applicazione.
Questo approccio viene attuato secondo una procedura che coinvolge gli organi di rappresentanza dei dipendenti (CSE) e il servizio di medicina del lavoro.
Giova ricordare che l’articolo 42 comma 2 del decreto legge 18 del 17.3.2020 prevede per tutte le attività lavorative che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
- L’obbligo di effettuare la valutazione del rischio da Coronavirus
Regione Emilia-Romagna
ORDINANZA DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE 20 MARZO 2020, N. 44
Ulteriore ordinanza ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in tema di misure per la gestione dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione della sindrome da COVID-19. Disposizioni relative al territorio della provincia di Rimini
20-3-2020 – BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA – PARTE seconda – N. 80
ORDINA
Ferme restando le misure statali, regionali e comunali di contenimento del rischio di diffusione del virus già vigenti, con riferimento al territorio della Provincia di Rimini, sono adottate e seguenti, ulteriori misure
- È disposta la sospensione delle attività produttive di beni e servizi da parte di persone fisiche e aziende sul territorio della Provincia di Rimini ad esclusione di:
– attività produttive di beni alimentari e di quelle attività produttive di beni con accertate esigenze di produzione finale e di spedizione di prodotti giacenti in magazzino, a condizione che operino esclusivamente attraverso l’attuazione di idonei protocolli organizzativi e operativi, previa redazione di specifici DOCUMENTI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 che prevedano misure di prevenzione del contagio quali:
– impiego di personale prioritariamente proveniente dal distretto sanitario della Provincia di Rimini in cui ha sede l’azienda;
– utilizzo di ogni dispositivo di protezione specifica dal contagio necessario (mascherine, guanti e kit);
– sistematica sanificazione degli ambienti di lavoro;
– rispetto della distanza tra le persone superiore a 1,5 metri;
– scaglionamenti degli orari di ingresso per impedire afflussi di personale in contemporanea;
– impiego del personale in presenza strettamente limitato al contingente essenziale alle attività sopra indicate e ampio ricorso al lavoro a distanza e smart working;
– chiusura di spogliatoi e luoghi di aggregazione all’interno e all’esterno delle strutture produttive;
– divieto di riunioni sia all’esterno e all’interno dell’azienda con presenza fisica;
– chiusura degli accessi alle persone che non hanno rapporto di lavoro con le aziende.
https://bur.regione.emilia-romagna.it/dettaglio-bollettino?b=fcd65188681d4aaa94e5bf0730714aa5
- Datore di lavoro, obbligo di redigere ed aggiornare all’occorrenza, e comunque periodicamente, il documento di valutazione rischi
Corte di Cassazione -III sez. pen. – sentenza n. 30173 del 5-07-2018
In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (per tutti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 – dep. 18/09/2014, omissis, Rv. 261109) precisandosi altresì, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite, che il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016 – dep. 16/05/2016, omissis, Rv. 267253).
- Definizione di Rischio professionale
Che cos’è il rischio professionale per la sicurezza e l’igiene durante il lavoro?
Il concetto di “rischio professionale” può essere definito come inclusivo di tutte le minacce alla salute dei dipendenti nel corso della loro attività professionale capaci di provocare un incidente o una malattia professionale.
La “Norma UNI EN 292 PARTE I/1991” definisce il pericolo come fonte di possibili lesioni o danni alla salute ed il rischio come combinazione di probabilità e di gravità di possibili lesioni o danni alla salute in una situazione pericolosa. È fondamentale, quindi, distinguere tra i concetti di pericolo e di rischio che risultano sostanzialmente diversi in quanto il pericolo contiene in sé la certezza del verificarsi dell’evento avverso mentre il rischio implica solo la possibilità, con la conseguenza che il rischio non potrà essere eliminato finché esisterà una sorgente di pericolo. Il comma 1 dell’art. 15 del Dlgs 81/2008 stabilisce, tra le misure di tutela, la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, la programmazione della prevenzione e l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico.
L’European Agency for Safety and Health at Work ha individuato i seguenti dodici rischi biologici di tipo emergente, intendendo per “rischio emergente” qualunque rischio lavorativo che sia “nuovo” e “in aumento”: «rischi occupazionali correlati alle epidemie globali, difficoltà di valutazione dei rischi biologici, esposizione dei lavoratori a microrganismi farmacoresistenti, mancanza di informazioni sui rischi biologici, scarsa manutenzione dei sistemi di condizionamento dell’aria e idrico, formazione non adeguata del personale delle autorità locali, pericoli biologici negli impianti di trattamento dei rifiuti, esposizione combinata a bioaerosol e sostanze chimiche, endotossine, muffe nei luoghi di lavoro chiusi»
Questo afferma il documento European Agency for Safety and Health at Work. European Risk Observatory Report: Expert forecast on Emerging Biological Risks related to Occupational Safety and Health.
- Uno spettro si aggira per l’Italia nell’epoca del Coronavirus: l’aggiornamento del Dvr
di Daniele Ranieri · Pubblicato 8 Marzo 2020 · Aggiornato
Nell’immediato, la questione sul Dvr appare più formale che sostanziale. Trovandoci, si spera, di fronte a una emergenza temporanea, la cosa essenziale da fare è agire con efficacia. Emanando misure chiare e coerenti. Dove poi vadano scritte, in questa situazione, non sembra essere un fattore decisivo.
Qualcuno, però, tenta di approfittarne per riesumare interpretazioni superate. La più rilevante sostiene che si possa escludere il Dvr dal trattamento dell’emergenza in corso per il fatto che questo documento è dedicato ai “rischi professionali”, restringendo il campo di questi alle sole mansioni e ai compiti legati alla produzione aziendale.
La valutazione dei rischi, secondo l’art. 28 del D.Lgs. 81/2008, prevede però l’analisi di “TUTTI I RISCHI”, non solo quelli inerenti la produzione (che sono ovviamente quelli più diffusi e rilevanti), ma di tutti quelli presenti dentro “l’organizzazione aziendale”. Quei rischi nei quali il lavoratore non incorrerebbe, o nei quali avrebbe meno probabilità d’incorrere, se non lavorasse.
Tra questi rischi ne esiste una famiglia denominata “rischi generici aggravati dal lavoro”. In sostanza chiunque può cadere da qualsiasi scala (rischio generico), ma un lavoratore che per svolgere la sua mansione sia costretto a salirle e scenderle diverse volte, magari pressato dall’urgenza di portare a termine il suo compito, ha una probabilità di cadere più alta di altri (il rischio è quindi aggravato dal contesto lavorativo). Questa famiglia di rischi è normalmente inserita nella valutazione dei rischi.
Un terremoto, la caduta di un fulmine, una epidemia virale, un atto terroristico, una rapina e tanti altri avvenimenti rientrano in questa definizione? Certamente sì, se il lavoro è tale da comportare l’aggravamento delle possibilità d’incontrare uno di questi eventi o di aumentarne il grado di danno rispetto alla popolazione genericamente intesa. L’elemento è sempre dato, da una parte dall’aumento della probabilità e del danno, dall’altra dalla “costrittività” dei lavoratori, che non hanno la stessa possibilità del resto della popolazione di sottrarsi ai rischi presenti “nell’ambito dell’organizzazione in cui prestano la propria attività” (art. 2 lett. q).
Qualche spiritoso, non mancano mai, può dire: “Ma allora anche il rischio che cada un meteorite va valutato dal DdL”. Spiritoso, ma poco preparato. Il rischio, quello generico, per essere valutato e inserito nel Dvr, deve avere “l’aggravante” data dal contesto lavorativo. Il meteorite, che, com’è noto, ha già probabilità remote di arrivare sul pianeta Terra, può cadere su tutti, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo sia esso un deserto, speriamo, o addosso a una casa o una fabbrica. Non c’è nulla che nell’attività lavorativa possa rendere più probabile che cada in un punto piuttosto che in un altro. Inoltre, non esiste nulla di “tecnicamente possibile” per eliminare o ridurre il rischio. Non è così per i terremoti di cui, per esempio, esiste una mappa delle località a rischio, oltre a vari altri elementi che possono aiutare a prevedere e a ridurre il danno. Attraverso l’obbligo di costruzione antisismica, ad esempio, una particolare attenzione alle procedure di evacuazione, una diversa preparazione delle squadre di emergenza e primo soccorso rispetto al rischio specifico, una informazione e preparazione dei lavoratori (il Giappone è spesso citato come esempio). Stessa cosa vale se l’imprenditore colloca un lavoratore in locale completamente interrato in una zona a forte presenza di gas radon, o con temperature esterne stabilmente oltre i 30° (ma potrei dire vicino a una fonte inquinate, rumorosa). Il rischio che queste condizioni aggravino il rischio per la salute del lavoratore ci sono e vanno misurate, anche se non sono legate alla sua specifica professione e attività lavorativa.
D’altronde l’art.28 è di una chiarezza lampante. È evidente che se il legislatore avesse voluto ridurre la valutazione dei rischi ai soli rischi professionali l’avrebbe scritto esplicitamente e non avrebbe scritto “tutti i rischi” e basta. Dirò di più. L’Italia provò a restringere l’area dei rischi nel D.Lgs. 626/1994 all’art. 4. Il primo comma prevedeva:
Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
Fino al 2008 il rischio stress, pur correlato al lavoro, non non veniva considerato un rischio professionale e per questo motivo non veniva valutato.
Nel 2001 l’Italia venne condannata, proprio su questo punto, dalla Corte di Giustizia europea, e dovette modificare l’articolo che così venne accolto nel D.Lgs. 81/2008. Ora, nel citato art. 28, l’elencazione dei punti quali le attrezzature ecc. viene preceduta da un ANCHE. Come dire: non solo. E poi si ribadisce che deve riguardare TUTTI i rischi riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori, dizione ripetuta in più punti della normativa senza alcuna specifica, che viene invece aggiunta per quanto riguarda, per esempio, l’attività del servizio di prevenzione. Questa si occupa di una parte della valutazione, essendo un’altra demandata ad altre figure, quali il medico competente e se necessario altre figure esterne.
Torniamo all’oggi. Sarebbe logico inserire il rischio biologico causato dal Covid-19 nel complesso procedimento di valutazione-adozione di misure di programmazione-monitoraggio dell’efficacia, cioè in quel processo con cui si arriva alla stesura e alle modifiche successive del Documento di Valutazione dei Rischi. All’interno di quella “valutazione globale” prevista dalle norme. Considerando anche quanto scritto nel Titolo X del Testo Unico.
Lo si ritiene in un momento di emergenza ridondante? Si vogliono salvaguardare le piccole imprese dai rapaci consulenti che subito si sono presentati con pacchetti preconfezionati per modificare il Dvr a costi salati? Che lo si faccia a latere. È importante che quello del Dvr, e del suo aggiornamento, sia comunque considerato come un problema che riguarda la difesa della salute del lavoratore; che il DdL assuma le adeguate misure, e se come spesso accade, queste misure necessitino, per essere applicate, di ulteriori interventi organizzativi, ambientali, comportamentali, che si consultino gli altri protagonisti della prevenzione aziendale, in particolare il Medico Competente e il Rls. E soprattutto, che non ci si attardi dietro a fantasiose interpretazioni.
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